Pomatias e Littorina: l'Evoluzione raccontata da due chiocciole

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view post Posted on 7/5/2010, 06:56     +1   +1   -1
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non ho una vita... ma si dà il caso che mi stia bene così ;)
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E' un prezioso esercizio intellettuale, anzi assai più di questo, il riflettere sull'Evoluzione, in senso lato.
E la Realtà quotidiana ce ne offre incessantemente un aspetto, a mio parere il più interessante e amabile: quello della Biodiversità, anche se il nostro Continente è sotto questo profilo di gran lunga il più povero, depauperato da Glaciazioni e altre vicissitudini geologiche sfavorevoli.

Da appassionato di chiocciole/conchiglie quale sono sempre stato, fin dalla primissima infanzia -sia pure malamente tradito nella mia passione dalla limitatezza locale di cui sopra, e dalla scarsa tenacia nel soppeririv-, , sono stato sempre affascinato dalla possibilità di scorgere in questo gruppo di Viventi, uno dei più antichi in assoluto, l'Opera incessante dell'Evoluzione.

Mi ha sempre colpito, in particolare, la "somiglianza", in termini generici, tra le "chiocciole" terrestri e le loro controparti marine, nonostante la radicale differenza delle rispettive esigenze biologiche di base: le prime, "respirano aria" come noi, le secondo hanno "branchie" ( ctenidii) come i pesci, pur appartenendo tutte quante a un'unica Classe zoologica!

Un'osservazione più attenta di questo -e altri- "paradossi" ci permette anche di comprendere, appena appena più a fondo, la "filosofia", se non proprio la "meccanica" dei processi evolutivi. Possiamo renderci conto di come in essi non domini quella "improbabilità statistica estrema", che fa invocare l'intervento di Disegni preordinati, ma come anzi le stesse soluzioni, gli stessi "percorsi" siano stati imboccati (e di sicuro continuano a esserlo) più e più volte, anche se con esiti non sempre felici (anzi, questo accade assai di rado).
Anche se proprio questa ''sicurezza'' nel trovare delle soluzioni dovrebbe farci intuire l'esistenza di una Intelligenza di Sistema, liquidata superficialmente dalla corrente impostazione ''alla quark'' , banale ma purtroppo egemone, che fida nella ''casualità'' senza peraltro lontanamente sapere né definirla, né spiegarla.

Ed è per contro vero che i 'Progetti Riusciti' che vediamo, mentre possono farci cogliere una 'Auto-Organizzazione' materiale che è già Trascendenza in sé stessa , non devono farci però dimenticare la mole ben maggiore di 'Progetti Cestinati/Falliti/abortiti', che nella più parte dei casi neppure conosceremo mai...

L'Evoluzione non possiede forse un "finalismo" esterno, ma tuttavia (perlomeno a posteriori) possiamo constatare come essa segua, fin dal principio, dei "percorsi privilegiati": dei "Creodi", per usare un termine di C.H. Waddington, Biologo noto per i suoi studi sui rapporti tra Evoluzione e Ontogenesi.

Ma nessuno di questi percorsi in sé e per sé "promette" una meta, o almeno non quella che la logica comune porterebbe ad assegnargli.

Ci vuole poco per ravvisare una "somiglianza", tra una chiocciola di giardino e una più o meno ornamentata chiocciola, "conchiglia" marina...e non può non destare curiosità questa somiglianza, non può non spingerci a interrogarci sul "percorso invisibile" che di sicuro unisce l'una all'altra, begli Abissi del Tempo...

Ma c'è in particolare una specie, relativamente facile da incontrare anche qui da noi, che sembra davvero "fuori posto" sulla terraferma, nei giardini... per non parlare delle elevazioni montuose, areali in cui può ugualmente capitarci di incontrarla.


Questa è Pomatias elegans; piccola specie di una Famiglia abbastanza numerosa -Pomatiasidae (o Pomatiidae), ma i cui splendidi rappresentanti si trovano purtroppo quasi soltanto ai Tropici (Africa orientale-India, oltre alla regione caraibica), con l'Europa che ospita solo pochissime specie, tutte abbastanza affini tra loro. E P. elegans è l'unica, fra tutte queste, ad abitare l'Italia peninsulare.





Ma cos'ha di tanto particolare? Basta osservarla, per rendersi conto delle differenze profonde rispetto -ad esempio- alle Helicidae, le più note e tipiche chiocciole di cui si trova di norma a condividere l'habitat.

Anzitutto,Pomatias è dotata di opercolo: un disco calcareo che le permette di sigillare l'apertura della conchiglia (le più comuni specie terrestri secernono invece all'uopo un "epifragma", pellicola provvisoria "usa e getta", con dispendio di prezioso calcio ed energie).
Grazie a esso, Pomatias può invece rinchiudersi all'istante, in caso di pericolo; può "sigillarsi" e mettersi in riposo pressoché ovunque, anche in luoghi esposti, senza necessità di cercare ripari o superfici lisce a cui far aderire l'imboccatura della conchiglia come fanno molte specie terrestri, al fine di evitare la disidratazione.
(è una struttura tipica dei Taxa marini o comunque acquatici: qui sotto vediamo l'opercolo di un Murice -marino-, che nel caso specifico è di tipo corneo; ma in alcune Famiglie (tra queste le Pomatiasidae) l'opercolo è di natura calcarea, "rigiclaudente")




Osservandone la testa, si nota la presenza di soli due tentacoli (come nelle specie marine), anziché dei quattro che caratterizzano le chiocciole più tipiche. E questi tentacoli non recano occhi sulla sommità, come nelle "terrestri" più note (il cui Ordine prende da ciò il nome di Stylommatophora, "occhi su uno stelo"). In Pomatias, come in molte specie marine, gli occhi, piccoli e rotondi, sono siti invece alla base dei tentacoli.

-Inoltre, i tentacoli cefalici di Pomatias (e affini) sono contrattili, mentre quelli delle Stylommatophora sono 'retrattili': possono -come è facilissimo osservare toccandoli- 'rientrare', invaginarsi a mo' di dito di un guanto, portando quindi gli occhi al sicuro, all'interno del capo. Questa 'invaginazione' è invece impossibile per i tentacoli cefalici di Pomatias e affini, che possono solo 'raccorciarsi', contraendosi, ma senza mai 'rientrare'



(Devo osservare come -pur essendo questa una condizione che riscontro finora solo in Pomatias, e non in altri Caenogastropoda, l'estremità dei tentacoli presenta un ispessimento 'a clava', che potrebbe ricordare l'occhio degli Stylommatophora ... in realtà ritengo plausibile che vi sia una concentrazione di cellule sensoriali, anche in corrispondenza delle estremità dei tentacoli delle Pomatias; ma ignoro se queste siano di natura 'fotorecettrice' o invece -più probabilmente- olfattoria.
In ogni caso, se così davvero fosse, allora se ne dovrebbe dedurre che -sia pure attraverso percorsi differenti-, la 'vita sulla terra emersa' renda vantaggiosa (e quindi selezioni) la concentrazione di cellule sensoriali sulla estremità dei tentacoli, cosa che non si osserva invece nei 'parenti marini' delle Pomatias, come dicevo.
-Questo potrebbe valere per le cellule foto-recettrici (vista), ma forse anche per quelle deputate alla percezione olfattiva.
-Forse, il diverso modo in cui l'acqua disperde e veicola le molecole di interesse olfattivo, rende inutile il 'concentrare' recettori sensoriali sulla 'punta' del tentacolo; mentre al contrario, la diversa diffusione di odori in mezzo aereo potrebbe renderla vantaggiosa, per le chiocciole che vivono sulla terra emersa...
-Che siano cellule sensibili alla luce o agli odori, questo fenomeno, anche se 'esclusivo' delle Pomatias nell'ambito della loro Sottoclasse, potrebbe quindi essere utile a interpretare la 'pressione selettiva' -e forse la Genetica stessa- della Mutazione che ha condotto gli attuali Stylommatophora ad avere "glli occhi sull'estremità dei tentacoli" , condizione questa che è loro quasi esclusiva (con possibili eccezioni parziali, come le Assimineidae -marine, ma forse non a caso anche semi-anfibie... forse a conferma che una tale condizione è 'vantaggiosa in ambiente aereo?)
-Ma è tutto ancora da valutare, per il momento sono solo mie riflessioni...)




-Tornando alle più evidenti differenze tra Pomatias, e le Stylommatophora in generale, notiamo che ill profilo del corpo è diverso, e in particolare ne sporge anteriormente un grosso "muso" estensibile, che contiene un apparato "raschiatore", la Radula, simile anch'esso a quello di chiocciole marine, e in particolare a quello di uno specifico raggruppamento (ordine) di queste: i Neotaenioglossa, così denominati proprio dalla forma "a nastro" della radula (=glossa, lingua), oltre che da una particolare struttura/diversificazione dei dentelli che la compongono, e che variano di forma/numero in modo caratteristico da una Famiglia all'altra (sono di norma 7 per ogni "fila", in questo Ordine); e spesso -sia pure in misura minore, di norma- anche da una specie all'altra, nella stessa Famiglia.

(Anche le "terrestri" Stylommatophora posseggono una radula, come d'altronde tutti i Gasteropodi -eccetto i casi di involuzione parassitaria; ma la loro radula è strutturalmente molto diversa, con dentelli tutti molto simili tra loro, perloppiù senza un "profilo caratteristico" come accade invece per le varie Famiglie/specie marine (Caenogastropoda); e senza che neppure vi sia un numero di dentelli tipico e "fisso", a differenza di quelle. Anzi, negli Stylommatophora, nuovi "dentelli" laterali vengono progressivamente acquisiti dalla radula, rendendone così ancor più variabile e indefinito il numero).



Purtroppo sarebbe lungo e noioso addentrarsi nelle peculiarità anatomiche del genere Pomatias (per intender a fondo le quali occorrerebbe oltretutto una conoscenza articolata dell'intera Classe, almeno nelle linee generali); ma basti dire che queste ricalcano l'anatomia di specie prettamente "marine", differenziandosi nettamente dalle altre comuni chiocciole terrestri. Mi si perdoni dunque l'estrema superficialità, da parte del lettore "specialista"...

Per dirne una, il Sistema Nervoso di Pomatias è composto di due catene di gangli che si intersecano "a 8" (condizione detta "streptoneura"), come nelle "chiocciole marine" (Caenogastropoda); mentre nelle (comuni) "terrestri" le due catene decorrono pressoché parallele (condizione "euthyneura").

In luogo della gonade ermafrodita, "Ovotestis" che caratterizza le "terrestri" più usuali, in questa specie (come nelle "conchiglie" marine, Murici, Cipree ecc ecc), in Pomatias i sessi sono separati, con le femmine caratterizzate talvolta da una conchiglia leggermente più grossa e ventricosa.

Esito com'è di una colonizzazione molto più "recente" della terraferma, Pomatias (e generi affini) ancora conserva dunque le tracce inconfondibili della sua ascendenza marina. La sua stessa emolinfa, il "sangue", con una pressione osmotica molto più elevata delle specie terrestri più "classiche", ce lo ricorda (Studio effettuato da T. J. Rumsey, 1972).

La prima riflessione che tutto ciò ci suggerisce, a mio parere, riguarda la "ripetibilità", sia pure in forme e modalità differenti, di uno stesso percorso evolutivo: antichissimo, per le attuali Stylommatophorae -chiocciole terrestri "più usuali"-, e molto più recente per Pomatias, come per altri generi e famiglie che qui non considereremo.

Notiamo però, anche il grado differente in cui questo "successo" si realizza: oggi, le chiocciole terrestri "di recente derivazione marina" (o comunque acqutica, del'Ordine Caenogastropoda) come Pomatias, formano solo il 15-20% circa del totale delle specie terrestri; confinate perdipiù, per la maggior parte, nelle aree più caldo-umide delle foreste pluviali, le uniche dove le loro elevate esigenze di umidità atmosferica permetterebbero loro di sopravivere.

Al contrario, troviamo Stylommatophora (chiocciole terrestri "classiche") negli ambienti più disparati.

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Ma l'aspetto più affascinante che ci si offre, è dato dalla concreta possibilità di "incontrare", tutt'oggi viventi, gli "antenati" marini di Pomatias; o almeno, i Taxa (specie, generi ecc) a questi più affini, e che tali risultano essere in base a molteplici comparazioni morfologiche, non smentite finora da riscontri genetici.

Nel caso degli Stylommatophora, le loro origini antichissime (e tuttora di incerta datazione, sicura solo a partire dal Giurassico -150 milioni di anni fa - Clarkson, 1979 , ma con comparsa certamente molto più antica) ne offuscano l'identità dei possibili gruppi progenitori, invero poco evidenti dai reperti fossili e di sicuro comunque ormai estinti.
Nel caso delle Pomatias, invece, gli "antenati" (o assai meglio, le forme marine attuali *più vicine* ai presunti tali), sono facilmente incontrabili sulle scogliere di tutto il mondo; e anche il nostro povero Mediterraneo ne ospita alcune, due delle quali sono reperibili sulle coste della Penisola.



Littorina (melaraphe) neritoides



Sono queste le Littorinidae, presenti qui -costa laziale- con due specie: Littorina (Melaraphe) neritoides (Linné, 1758) e Nodilittorina punctata (Gmelin, 1791).

Si tratta di chioccioline assai piccole, che sfuggono di norma all'attenzione di chi frequanta spiegge con scogliere. Di un colore grigio ardesia, sia pure rivelante a un'osservazione più ravvicinata sfumature davvero armoniose, le Littorine -eccetto membri di specie tropicali appena più grossi e vistosi- possono passare del tutto inosservate... come è d'altronde opportuno che sia, per specie che se ne restano a lungo in posizioni esposte.
Lunghe in media meno di 10 mm, si raggruppano a formare quasi dei "grumi" di micro-chiocciole sulla superficie degli scogli, anche a più di un metro di distanza dalla linea superiore di marea. (La distanza "media" effettiva varia da una specie -o anche da una popolazione- all'altra, e come vedremo questa variazione è tutt'altro che casuale, e di estremo interesse sotto il profilo "evoluzionistico" che stiamo considerando).

Si nutrono (di alghe, e talora di Briozoi) e si riproducono solo quando sommerse dall'acqua, va detto; ma la maggior parte della loro vita trascorre così.



Nodilittorina punctata



Si tratta di specie a tutti gli effetti "marine", e chiaramente imparentate con altre famiglie, anch'esse in gran parte marine (Cypraeidea, Turritellidae, Cerithiidae, Strombidae ecc ecc).


In particolare, da esse prende il nome un "clade", (raggruppamento tassonomico "a gerarchia incerta", "unranked", che qui però per praticità considereremo un Infraordine -dei Caenogastropoda): i Littorinomorpha.
-Diverse sono poi le "Superfamiglie", a loro volta suddivise in Famiglie (e quindi in Generi e Specie), che ne fanno parte.

(Ecco qui sotto un piccolissima rassegna di 'conchiglie', tutte appartenenti a specie delle Littorinomorpha ; tutte 'parenti' quind,i più o meno prossime -benché quasi tutte 'marine'-, delle 'terrestri' Pomatias ... )




Quella che qui ci interessa, però, è la Superfamiglia Littorinoidea.
Questa comprende le Pomatiasidae (a volte se ne scindono le Annulariidae, altro gruppo terrestre, caraibiche, caratterizzate dalla fauce della conchiglia variamente slargata e ornamentata), e le Littorinidae.

E sono queste ultime, fondamentalmente legate al mare come sono, a rappresentare verosimilmente il "ramo antico" della Superfamiglia (anche se non sono mancate ipotesi, non suffragate, di un "ritorno al mare" delle Littorinidae a partire da antenati già terrestri -comunque di ascendenza marina nb, sia pure in tal caso più antica).

Ciò che vi è di evoluizionisticamente più interessante, però, è la graduale, variabile ma sempre presente tendenza delle Littornidae, a "emergere" dal mare e (in apparenza) procedere verso la colonizzazione delle terre emerse, come verosimilmente avvenne nella linea che dette a suo tempo origine alle Pomatiasidae.

Infatti, come già detto, le Littorinidae trascorrono di fatto la maggior parte del loro tempo in emersione, all'asciutto; condizione in cui riescono a sopravvivere anche per mesi, in alcuni casi. C'è da dire che esse non "vivono" all'asciutto, ma sono semplicemente capaci di resistervi lungamente, -settimane, alcuni mesi talvolta- grazie alla biostasi (rallentamento metabolico), alla capacità di sigillarsi e trattenere umidità. Dotate -come Pomatias- di opercolo, si sigillano in sovrappiù aderendo con la fauce della conchiglia alla superficie rocciosa; proprio come quelle chioccioline terrestri che spesso si vedono in estate ammassate su pali o muretti (Theba pisana, di solito).

Sembrerebbero dunque combinare due differenti strategie anti-disidratazione; una delle quali soltanto (il chiudersi con l'opercolo) sopravvive di fatto nelle Pomatias.
L'altra, (adesione con l'imboccatura della conchiglia a un supporto liscio -che le Pomatias non praticano), è stranamente condivisa invece con molte specie terrestri (Stylommatophora) di cui esse tuttavia non sono tuttavia in alcun modo "antenate", potrebbe far parte di un programma comportamentale "innato", ancestrale (tratto plesiomorfico), presente ab origine nell'intera Classe Gasteropodi; perso poi da alcune linee evolutive di questi, nel corso dell'evoluzione; conservato e sviluppato invece, da altre.






Tuttavia, oltre a resistere "passivamente" in biostasi, le piccole Littorinae sono agevolate dal possedere, in misura ed efficienza variabile da una specie all'altra, una cavità palleale (l'interno dell'ultimo giro -il più largo- della conchiglia, rivestito di tessuti molli), le cui pareti più o meno vascolarizzate fungono da "polmone"; come accade, sia pure con efficienza largamente superiore, per tutte le specie propriamente terrestri.
Sono così già in grado di utilizzare, sia pure in misura ridotta, l'ossigeno atmosferico; pur disponendo di una branchia ("ctenidio", detto così per la sua struttura "a pettine"), molto più efficiente a tal fine.
(interessante notare che Pomatias conserva, sotto forma di lievi increspature sulla parete interna della cavità palleale, le tracce "vestigiali" di un antico ctenidio, non più funzionale).

E il fatto che esse si attivino solo nell'acqua (e lo fanno istantaneamente appena vi vengono poste, anche dopo mesi di "riposo" all'asciutto!), non le differenzia troppo di per sé da molte specie propriamente terrestri, -come la succitata Theba pisana-, che "dormono" sigillate anche per mesi in attesa di una pioggia, per poi "svegliarsi" di colpo con le prime gocce...

(Candidula sp.?, su un paletto)


(Occorre tuttavia precisare che, per le Littorinae, l'acqua piovana che le colpisce non le induce affatto ad aprirsi, anzi; immerse in acqua dolce -letale, per specie "marine" come loro- riescono evidentemente a "sentirla" e se ne restano ben chiuse, per aprirsi solo -e rapidamente- quando immerse in acque di salinità appropriata. Ciò che le "sveglia" sono invece le mareggiate, quando gli spruzzi di acqua salata le raggiungono, anche nelle postazioni più elevate; è in questa circostanza che le Littorinae rilasciano le loro capsule ovigere, affidandole alle correnti impetuose che dànno loro maggiori opportunità di dispersione e colonizzazione di altre scogliere).

(Nodilittorina sul bordo del mini acquario)


Quello che hanno di sicuro "trasmesso" -a partire da un Comune Antenato- alle loro 'parenti' Pomatias (e forse anche a tante altre specie affini, che purtroppo non ho mai finora potuto osservare di persona), è forse proprio questa dote di "resistenza passiva" alle condizioni climatico/ambientali avverse; che per Pomatias sono assai più frequenti, di quanto non sia per la maggior parte delle altre specie terrestri.

Infatti, se è pur vero che la loro respirazione è pienamente "aerea", come per le più comuni Stylommatophora, è anche da notare che Pomatias non dispone, a differenza di queste, di una "chiusura" (collare) del mantello, atta a prevenire l'evaporazione e a mantenere umida -perciò funzionale- la cavità palleale/polmone. E nota la piccola apertura, richiudibile a volontà, sita dietro la testa delle più comuni chiocciole, in corrispondenza della "parete di tessuto" (collare del mantello) che occupa l'apertura della conchiglia. E' lo pneumostoma; e grazie a esso, la chiocciola può ventilare la cavità polmonare, per subito poi richiuderlo, in modo da non disperdere preziosa umidità.
In Pomatias, come in tutti i Caenogastropoda terrestri (sottoclasse distinta da quella cui appartengono gli Stylommatophora), manca invece uno pneumostoma; e l'intera cavità polmonare resta così perennemente "aperta", con ampia comunicazione con l'esterno e conseguente elevato rischio di disseccamento, al di sotto di una certa soglia di umidità.



Pro e contro accompagnano sempre ogni soluzione "adattativa", quasi inesorabilmente. Ad esempio, il fatto che Pomatias possegga un Opercolo (non più corneo come nelle Littorinidae, ma calcareo -quindi anche più pesante- per assicurare un maggior isolamento dall'aridità ambientale), se da un lato permette a queste chiocciole di "rinchiudersi all'istante" con una struttura già pronta all'uso (mentre le più comuni terrestri impiegano ore -e dispendio di calcare ed energie- per fabbricare ogni volta che occorre il fragile epifragma), per altro verso si traduce anche in un maggiore "impaccio" locomotorio, un fardello che Pomatias è costretta a portare con sé ( e che ne limita l'agilità dei movimenti in modo considerevole) anche quando non ne avrebbe bisogno alcuno... La stessa conchiglia di Pomatias, a parità di dimensioni (e in linea con quanto si verifica nei "parenti" marini), è maggiormente calcificata, più spessa di quanto non sia nelle comuni terrestri Stylommatophora. A poco servirebbe una "porta" ben chiusa e impermeabile, se poi le pareti della conchiglia fossero troppo sottili, permeabili all'umidità (e fragili...). Ma questo, rende Pomatias molto più dipendente dalla disponibilità di Calcio nel suolo, di altre chiocciole terrestri (Stylommatophora), a conchiglia di regola assai più sottile.

L'Evoluzione è ben lungi dall'essere infallibile, pochi dei suoi percorsi sono in effetti "vincenti", e anche questi lo sono solo relativamente e a tempo determinato. Essa ha sì condotto Pomatias, e molte altre specie più o meno affini a colonizzare la terraferma; ma a prezzo di rigide limitazioni, che fanno di questo gruppo un "perdente", rispetto alle Terrestri più diffuse.

Cionondimento, spinta da una sorta di entelecheia, l'Evoluzione continua a operare, indifferente alle mète e agli esiti delle sue traiettorie.

Ma i suoi percorsi non sono quasi mai ovvii, né scontati a priori.


Così, possiamo notare come nello stesso ambiente, di acque superficiali di scogliera, le Littorinae convivano con le poco più voluminose Gibbula, chiocciole di ascendenza assai più "antica" e di morfologia molto più primitiva, nel complesso. Anche queste però si trovano ad affrontare una situazione di "confine", vicine come sono all'ambiente emerso e alla convenienza di sfruttare le risorse alimentari (sottili veli algali, patine di Diatomee) che si trovano oltre il pelo dell'acqua. E infatti, quale più quale meno, le specie di questo genere (e di altri generi affini, della stessa Famiglia, Trochidae) presentano una elevata capacità di resistenza all'emersione. Anche se la loro respirazione è di tipo "branchiale", la cavità interna del loro mantello -proprio come nelle "chiocciole" terrestri- si presenta già riccamente vascolarizzata, e capace di fatto di estrarre ossigeno dall'aria libera!





Non è difficile vedere queste chioccioline "pascolare" tranquillamente fuori dall'acqua, anche a 10-20 cm al di sopra della superficie; e quello che soprattutto mi colpì, raccogliendone alcune, è la totale "indifferenza" con cui si attivano e riprendono tranquillamente a strisciare, anche poste su di un tavolo; come se si trovassero ancora nel loro elemento naturale.


Addirittura, studii condotti (Micalleffe & Bannister. 1967) su due specie affini (Osilinus lineatus, Osilinus turbinatus) e su Osilinus articulatus (Houlian & Innes, 1982), oltre a riscontrare la vascolarizzazione e la fuzionalità "polmonare" effettiva della cavità palleale, avrebbero accertato per queste specie un'efficienza nel respirare ossigeno atmosferico, addirittura maggiore di quella con cui esse assorbono, con la "branchia", l'ossigeno disciolto nell'acqua!

Questa attitudine, di sicuro presente anche in altre specie (quelle succitate sono assai simili nell'aspetto a queste Gibbula), si presenta però in grado sicuramente variabile dall'una all'altra, anche se affini; e allevando sia Gibbula richardi, sia Gibbula divaricata, mi sono reso conto come quest'ultima sia assai più restia, almeno in acquario, ad avventurarsi fuori dall'acqua, così come a rimettersi in attività una volta posta all'asciutto.
-Ho azzardato una possibile relazione tra questa attitudine, e la apertura "sproporzionatamente" ampia della conchiglia di Gibbula richardi, che forse ha la sua spiegazione proprio nel fatto di accomodare una cavità respiratoria più ampia, in rapporto al volume del corpo.



-Anche nelle scelte alimentari ho notato una sorprendente "potenzialità latente": offrendo dei piccoli lembi di lattuga, e "creme" a base di altri vegetali terrestri, notai come le Gibbula richardii (un esemplare, in particolare) uscissero volentieri dall'acqua per venire a brucare, proprio come chiocciole terrestri, questi cibi totalmente scosciuti ed estranei al loro habitat di origine!

(Ecco una Gibbula richardi "emersa", attratta da una pastiglia di cibo vegetale)




Ci si può allora domandare perché mai, "antiche" come sono, e use a vivere in questi habitat di frontiera da tempi perciò tanto remoti, le Gibbulee (o altri generi di Trochidae loro affini) non abbiano mai compiuto il successivo "balzo": quello verso una completa emancipazione dalle acque, "trasformandosi" così in chiocciole terrestri a tutti gli effetti!

Ma qui si annida in fondo una comune fallacia dell'Evoluzionismo "ingenuo", una di quelle che (con altrettanto ingenuo polemismo) gli anti-evoluzionisti utilizzano per fare breccia nella Teoria, per loro integralmente "eretica" e inaccettabile.

Non c'è infatti un "percorso stabilito", una traiettoria "logica" predefinita (al contrario poi di quanto gli anti-evoluzionisti stessi sostengono); non è detto che una Specie, solo perché si "affaccia" (o si è affacciata, magari già da decine di milioni di anni) a un nuovo habitat/nicchia ecologica (come l'ambiente delle terre emerse, in questo caso), debba poi per forza procedere su quella strada, come su un percorso forzato; in ossequio a una (inesistente) "logica del Tutto-o-Niente".
Ci si ostina spesso a far notare l'inesistenza di "anelli di congiunzione", ci si appella ai c.d. "missing links" per invalidare l'Evoluzionismo tutto e, peggio, per negare, contro l'evidenza stessa, un Continuum tra tutte le forme viventi.

Questo deriva dall'erronea, semplicistica impostazione "lineare", unidimensionale, che si pretende (spesso da ambo le parti) di imporre a un Processo che è invece per sua natura "reticolare", multi-dimensionale e sfumato; forse assai meglio interpretabile con le geometrie frattali che con quelle "rigide" euclidee, che formano la nostra esperienza immediata.

In realtà, di "link" ce ne sono davvero ovunque, a saperli vedere. Ma essi non coincidono tanto con le singole "specie" compiute, quanto con le innumerevoli "caratteristiche" -condivise o meno-, che concorrono a definire l'identità di ciascuna di esse; ora accomunandole, ora differenziandole l'una all'altra. Come reiterati tasselli di un immenso mosaico, così antico eppure sempre così nuovo.

Sarà soltanto la nuova, imprevista combinazione di questa o quella "caratteristica", a far sì che una specie possa disporre delle premesse per intraprendere un determinato cammino "evolutivo".
Molte di queste 'caratteristiche' sono semplicemente quiescenti, inattive e "inutili", fino al verificarsi del sinergismo appropriato.

Spesso, rientrano nel novero di quelle caratteristiche, che I Biologi definiscono "preadattamenti". Tratti, la cui selezione/affermazione, almeno in un primo tempo, obbedisca a "finalità" del tutto differenti da quello che apparirebbe essere -a posteriori- il loro "Fine Ultimo". Una struttura che si sia primariamente evoluta con funzione di "ala", può diventare (ad es nei Grilli) un organo "stridulatore", finalizzato alla produzione sonora durante il corteggiamento. Il primo paio di arti locomotorii in alcuni Aracnidi (Uropygidae) può perdere questa sua funzione e trasformarsi in organo sensorio/olfattivo, del tutto simile a un paio di "antenne" (che gli Aracnidi primariamente non possiedono, nb).
Questo procedere per "Serendipity" sottrae i meccanismi evolutivi a ogni banale interpretazione in termini di "Causa-effetto", come pure lascia scettico chi non riesce a coglierne la meta-razionalità.

E' possibilissimo che in passato (ma forse ancor oggi accade), alcune Gibbula si siano "avventurate" oltre, spingendosi nell'entroterra fino a perder la possibilità di far ritorno al mare. La maggior parte di queste sarà però andata incontro a morte piuttosto precoce, per quanto singoli individui col "polmone" relativamente più sviluppato potrebbero anche aver resistito a lungo, specialmente se capitati in un micro-ambiente umido. Ma non 'abbastanza' più a lungo, probabilmente.

Qui sorge infatti una prima "barriera", che concerne un altro aspetto della biologia.

-Non è sufficiente riuscire a "respirare aria atmosferica", per vivere fuori dall'acqua; ma occorre anche un diverso sistema escretorio, la capacità di riassorbire e trattenere l'idratazione, esigenza vitale quando si abbandona un habitat acquatico.
Inoltre, il prodotto finale del metabolismo dell'azoto, nei Molluschi marini (così come pure nella massima parte dei Vertebrati acquatici), è l'ammoniaca, molecola altamente tossica e che va prontamente allontanata. Data la sua grande solubilità in acqua, ciò non rappresenta un problema per i Molluschi che in essa vivono; ma lo diventa per quelli che hanno colonizzato la terraferma.
Per consentire ciò, è necessario "neutralizzare" l'ammoniaca coniugandola a formare urea, o acido urico; ed è questa la soluzione obbligata per i Gasteropodi (come per altri animali) terrestri, che da "ammoniotelici" debbono evolvere in "ureotelici" o "uricotelici".
L'acido urico ha anche il vantaggio di rallentare la disidratazione dei tessuti, quando vi si concentra in quantità sufficiente; e l'economia idrica è essenziale, per animali dal corpo così ricco di acqua (in fase di veglia/attività) come le chiocciole, a qualunque gruppo tassonomico esse appartengano.

Una minima capacità di produrre acido urico è presente, anche nei Gasteropodi propriamente marini; ma proprio nelle Littorinidae (osservazioni di D.C. Smith e A.T. Smith) si osserva una maggiore produzione dello stesso, che varia a seconda delle stagioni (e della siccità sperimentata dal mollusco), e parrebbe più accentuata proprio in quelle specie che colonizzano le aree di scogliera più "asciutte", lontane dall'acqua, come Littorina saxatilis.

-E' possibile che la stessa "predisposizione" sia invece assente nei Trochidae (Gibbula ecc.), così da lasciare un ulteriore handicap agli esemplari che "per caso" si allontanassero ulteriormente dal mare.

La stessa struttura dell'apparato escretore (nefridio e uretra) deve modificarsi; in Pomatias, la maggior parte dell'urina prodotta è soggetta a riassorbimento e concentrazione. Nelle Littorinae esiste una "camera di filtrazione" nell'orecchietta cardiaca (sede principale della funzione "renale" nei Gasteropodi più antichi), che persiste anche in Pomatias; ma considerevolmente ridotta, con conseguente riduzione dell'attività filtratoria. Inoltre, in Pomatias esiste una c.d. "Ghiandola di concrezione" (Kilian, Creek, 1951), che accumula acido urico (utile anche per contrastare la disidratazione).

Il nefridio (parte dell'apparato escretore renale) si trova in Pomatias collocato sulla superficie del Mantello, e provvede ad accumulare urine, nell'impossibilità di provvedere a una loro pronta eliminazione per mezzo di acqua circolante (come accade nelle specie marine), e neppure per mezzo di un uretere, di cui le Pomatias sono prive (Martoja, 1975)

Il nefridio trattiene la maggior parte delle scorie "solide", a lungo; e il liquido infine emessone, quasi "acqua pura", viene così "riciclata", a irrorare e mantenere umido l'interno della cavità respiratoria.

Purtroppo ignoro, se la morfologia delle Littorinidae ( o di loro antenate) predisponga già a questa utile strategia adottata da Pomatias, e quanto invece ne sia "lontana" la morfologia/fisiologia delle Gibbula (e dei Trochidae in generale).

Quello che è certo, è che la capacità di riassorbire acqua/concentrare le urine è un requisito fondamentale, per avere successo sulla terraferma. In questo senso, considerato tutto, gli Stylommatophora sono di sicuro "meglio adattati" alla vita in perenne emersione; meglio forse di quanto non lo sia qualunque Caenogastropoda "terrestre".
E per analogia, possiamo notare come un simile divario nella attitudine all'economia idrica, si riproponga anche all'interno del "vincente" Ordine degli Stylommatophora, le chiocciole terrestri più "tipiche".

A parte le più primitive Elasmognatha (come Succinea, Oxyloma ecc ecc) legate ad ambienti acquitrinosi, gli Stylommatophora si dividono infatti in due "Sottordini":
1) le Orthurethra (meno evolute), dotate di una uretra breve "diritta" (carattere primitivo, anche se non a parere di tutti) e che sbocca direttamente all'esterno; esse hanno minor controllo sull'idratazione corporea, ciò che le ha evolutivamente costrette in una sorta di "vicolo cieco" evolutivo, con un numero di specie e densità di popolazioni assai più scarse rispetto all'altro "sottordine" di Stylommatophora:
2) le Sigmurethra, quello a cui appartengono non solo tutte le più note "chiocciole da orto", ma anche gran parte delle c.d. "limacce". Infatti, il possesso di una uretra "sigmoide", che compie un giro tortuoso prima di rilasciare l'urina, consente ai tessuti attraversati di esercitare su questa un maggior riassorbimento, con "recupero" dell'acqua veicolata; e al limite, anche di riuscire a evitare la disidratazione nonostante la mancanza di protezione offerta dalla conchiglia, come accade nel caso delle "limacce".

La mancanza di questo utile "preadattamento" avrebbe dunque impedito alle chiocciole del sottordine Orthurethra, benché perfettamente "terrestri", di avere lo stesso successo evolutivo e la stessa diffusione delle ben più note Sigmurethra; come pure avrebbe impedito che tra di loro evolvesse mai una specie "limacciforme", priva quindi della protezione anti-disidratazione rappresentata dalla conchiglia.

(Pur mancando del tutto di uretere/uretra, le Pomatias fanno però affidamento sulla differente strategia già descritta. Notiamo come l'aspetto cruciale risieda solo nel disporre o meno di strategie, quali esse siano, che consentano di "riassorbire" gran parte dell'urina, recuperando preziosa idratazione. Ma in ogni caso, lo "svantaggio" delle Pomatiasidae sulla terraferma è probabilmente di ordine non dissimile da quello degli Orthurethra, nell'ambito degli Stylommatophora, vista la relativamente scarsa diffusione complessiva di entrambi i gruppi).



-Infine -tornando alle marine Gibbula- osserviamo come vi sia un impedimento anche a livello riproduttivo, a sbarrare loro un ipotetico percorso verso le terre emerse.

Nelle Gibbula, come in tutti i Trochidae (e più in generale nel clade/Sottoclasse Vetigastropoda cui la famiglia appartiene), i maschi mancano di un organo copulatore (afallici); l'emissione di gameti, in qualche modo sincronizzata per entrambi i sessi, avviene direttamente in acqua (che assume un aspetto lattiginoso, come mi capitò di notare lo scorso marzo nel piccolo acquario in cui allevo le Gibbula), e la fecondazione ha luogo in acque libere. La larva che si sviluppa (la primitiva "trocofora", che passa poi allo stadio di veliger), trascorre alcuni giorni di vita planctonica prima di scendere sul substrato, iniziando a nutrirsi come gli adulti.

Ovviamente, né questa forma di sviluppo, né la fecondazione stessa potrebbero mai avvenire al di fuori del mezzo acquoso, vincolando perciò a quest'ultimo tutte queste specie, al di là di possibili escursioni "anfibie" e di una pur discreta capacità di utilizzare l'ossigeno atmosferico.

Nelle Littorinidae invece è (già) presente un organo copulatore, la fecondazione è interna e potrebbe perciò avvenire, in teoria, anche al di fuori dell'acqua. La conservazione di tale organo copulatore ha consentito ai primi antenati terrestri delle Pomatias di continuare a fecondare le proprie uova, anche trovandosi ormai in ambiente asciutto.
In particolare, l'ontogenesi del pene nelle Pomatiasidae (innervato dal "ganglio pedale destro" e apparentemente derivato, nell'embriogenesi, proprio dai tessuti stessi del piede), parrebbe essere "omologa" a quella che si osserva nelle Littorinidae (Reid, 1989)


Infine, sempre a spiegare la "mancata colonizzazione delle terre emerse" da parte di Gibbulae e altri Trochidae -nonostante la "respirazione anfibia"-, va detto che neppure le Littorinae "attuali" -eccetto alcune eccezioni- si troverebbero -almeno non "oggi"- nelle condizioni di compiere questo "salto" di habitat: se non altro, perché altre casualità (e vantaggi adattativi a consolidarle), le hanno condotte a produrre capsule ovigere galleggianti, da cui schiudono minuscole larve "natanti" (veliger) che si nutrono di plankton per le prime settimane di vita, prima di perdere il "velo" e raggiungere un substrato solido, in forma di piccole chiocciole.
Se questo specializzato ed efficiente sistema di "disseminazione idrocora" permette loro di popolare a distanza tratti di costa rocciosa con la propria progenie, non permetterebbe però di procreare in ambiente emerso.

Questa valutazione non deve tuttavia inficiare le riflessioni evoluzionistiche, che il confronto tra le due Famiglie (nei loro rappresentanti qui a noi disponibili, "Littorina" e Pomatias) ci offre.

La separazione della linea evolutiva che ha condotto alle terrestri Pomatias, è infatti certamente anteriore alla comparsa delle Littorinae "propriamente dette", con le loro ben definite caratteristiche. Questa ipotesi è compatibile con i reperti fossili, nei quali le Littorinidae appaiono solo all'inizio del Cenozoico (55-65 milioni di anni fa), mentre fossili di Pomatiasidae, già pienamente "terrestri" (genere Anapomatias, dalla Francia meridionale) sono noti già per la fine del Creteceo, circa 70 milioni di anni (Wenz & Hrubesch) quindi addirittura "precedenti".





La produzione di una capsula ovigera galleggiante, da cui sortisce una piccola larva planctonica (analogamente a quanto visto per le Gibbula, anche se qui si "bypassa" lo stadio trochofora passando direttamente a veliger), rappresenterebbe dunque un ultimo, e tuttavia insormontabile ostacolo anche per le "attuali" Littorine, se mai queste "volessero" (ri)colonizzare integralmente la terraferma...

Ciò vale per la maggior parte delle specie attuali, tra cui Littorina (Melaraphe) neritoides e Nodilittorina punctata, le due specie qui presentate.
Tuttavia, per quanto la mia presentazione ed esperienza diretta siano ahimé limitate dalla povertà assoluta della Biodiversità nostrana, va detto che nel mondo le specie di questa Famiglia presentano, in misura variabile, forse tutti i "gradi intermedi" di adattamento alla terraferma: culminando nel genere indiano Cremnoconchus, l'unico Littorinidae totalmente "emancipato" dall'ambiente marino. Vive sui pendìi umidi che circondano gli alvei fluviali, nell'area del Ghats.


-Ma già nell'ambito dello stesso genere Littorina, nei mari nordeuropei, troviamo sulle stesse coste tre differenti specie, adattate a diverse condizioni di vita, e in possesso di strategie riproduttive differenti.

ROBERT F. McMAHON e W. D. RUSSELL-HUNTER hanno condotto uno studio comparativo sulla loro ecologia, ponendo le differenze riscontrate in relazione alle diverse strategie riproduttive di queste specie, al maggiore/minor grado di vascolarizzazione della cavità palleale (che funziona da polmone aereo), e alla diversa attitudine a produrre acido urico anziché ammoniaca.
Littorina obtusata, la più "acquatica", che si trova in emersione solo per il 15-45% del tempo depone masse di capsule ovigere gelatinose, sulle stesse alghe brune (Fucus, Ascophyllum) i cui preferibilemente si nutre.
Littorina littoralis, specie di ecologia "intermedia" che occupa una fascia litorale più elevata, resta emersa per il 30-75% del tempo, e produce capsule ovigere "libere", planctoniche, come già descritto;
Littorina saxatilis (gruppo che oggi sembra consistere in quattro specie distinte), occupa sulla scogliera postazioni ancora più elevate, restando all'asciutto dal 70 al 95% del tempo, e sopportando senza soffrire anossia temperature fino a 44° C; quest'ultima specie, al contrario delle precedenti, incuba le uova internamente e "partorisce" piccoli già formati e autonomi.

Teoricamente, con piccoli "aggiustamenti", da L. saxatilis potrebbe evolvere una nuova specie interamente terrestre; come presumibilmente accadde, forse 70-75 milioni di anni fa, per il capostipite della attuale famiglia Pomatiasidae, forse analogamente evoluto da qualche paleo-Littorinidae dell'epoca.

Interessante notare che varie "popolazioni" di questa Littorina vivipara mostrano un grado progressivamente maggiore di allontanamento dalle acque, come un evidente "trend"; anche se questo non deve ingannevolmente condurre, come già detto, a ravvisare preordinati e "finalistici" sviluppi, culminanti in questo caso nella definizione di una nuova specie "terricola".
Tuttavia, anche gli altri, rari casi di Littorinidae in cui è presente la (ovo)viviparità ( Echininus viviparus, Tectarius viviparus e Littoraria aberrans) , vivono in ambienti analoghi a quelli di Littorna saxatilis, sia pure in aree tropicali (L. saxatilis è invece propria dei mari del Nord Europa, con una piccolissima popolazione che ha colonizzato in parte la Laguna Veneta). L. aberrans vive su mangrovie, ma anch'essa relativamente distante dalle acque libere.

Tutti e quattro questi adattamenti vivipari risulterebbero geologicamente recenti (anche se ne ignoro la "datazione" effettiva); ciò che spiegherebbe, "statisticamente", il fatto che a tutt'oggi non si sia ancora osservata alcuna "nuova specie" integralmente terragnola, da queste originata.
Ma la "mutazione graduale" è di fatto in corso, come direttamente osservabile nel caso delle popolazioni di Littorina saxatilis, sempre più "allontanantisi" dal mare.

Non è questa sufficiente a spiegare i fenomeni (macro)evolutivi, ma è qui che intervengono "predisposizioni" latenti, spesso molto antiche e che possono riemergere all'improvviso (come il gene che codifica per la Arginasi, enzima essenziale nel metabolismo ureotelico); come pure proprietà integralmente "nuove" possono essere acquisite per HGT, "trasmissione orizzontale di geni" tra specie spesso anche assai lontane, attuata da sempre in Natura da Virus e Plasmidii.

E' possibile, benché non "necessario", che prima o poi una nuova linea a colonizzare la terraferma si origini dall'una o dall'altra specie, da un "avamposto" più progredito della stessa.

Per quanto disgraziatamente "limitato" nelle mie accessibilità, quello che intendo verificare adesso è una maggiore/minore resistenza all'esposizione aerea (e grado di attività fuori dell'acqua), che distingua le due specie locali, delle quali Nodilittorina punctata, più grande, è numericamente qui in netta minoranza, trovandosene sporadici esemplari frammisti a "raggruppamenti" di Littorina (melaraphe) neritoides, più piccola e scura.

A differenziarle, tra gli altri fattori, anche la maggior ampiezza relativa dell'ultimo giro, nella conchiglia di N. punctata. E come già ipotizzavo nel confronto Gibbula richardi/vs Gibbula divaricata (la prima, più propensa all'emersione), anche qui potrebbe trattarsi di una cavità con funzione di "polmone", relativamente "più sviluppata" in Nodilittorina punctata, che non nella piccola e "conica" L. neritoides.


In realtà, tutte queste mutazioni/variazioni sono in sé stesse autonome, ben lungi dal "viaggiare in fase"; quando però ciò accade, si apre, quasi "di colpo", la possibilità per un radicale mutamento, di habitat così come di morfologia/fisiologia. Di qui, la "repentinità" dell'apparizione di "nuove specie", che porta a negare l'esistenza di "link intermedi", e con essa -nonostante un palese Non Sequitur-, la realtà stessa dell'Evoluzione.
Mutazioni, o semplicemente "alternative" diverse, già date ma inespresse in una insieme di specie, formano una rete di "link" più fitta di quanto si possa immaginare... anche se è solo dal fortuito determinarsi di combinazioni "sinergiche" tra esse, che di fatto "compare" una nuova specie, anche radicalmente diversa dalla progenitrice!

Peccato solo che sia remota la possibilità di osservare dal vivo (nonostante credo che l'allevamento non presenterebbe soverchie difficoltà) la maggior parte di questi reali "Anelli di congiunzione", neppure da ricercare tra i fossili ma ampiamente rappresentati tra i Viventi... sia pure in località purtroppo distanti, con un "commercio" esistente, sì, ma ahimé ridotto ai (soli) gusci vuoti...mentre il trasporto delle stesse, viventi (proprio grazie alla resistenza all'asciutto fin qui spiegata) sarebbe altrettanto facile, dopotutto!

Senza lasciare però che la limitatezza materiale in cui siamo costretti abbia a limitare la nostra Immaginazione e la nostra Mente, possiamo ugualmente riuscire a trarre riflessioni di portata più generale e più ampia.

Sulle coste rocciose della Sardegna, un giovanissimo utente del nostro forum (Apocalypse, il suo nick) ha trovato, e correttamente identificato da solo, delle Pomatias elegans; è suggestivo pensare che, ad appena pochi metri di distanza, sugli scogli antistanti, c'erano di sicuro delle piccole Littorina. Vicinissime; e allo stesso tempo "divise" dall'abisso delle ère Geologiche... e di nuovo "ravvicinate" però, infallibilmente, da quel filo invisibile che, una volta svelato, ce le rivela così profondamente affini le une alle altre, anche se tanto diverse quanto a esigenze e apparenze attuali.
E' in fondo, come se in quei pochi metri di distanza, nello Spazio, si concretizzassero 75 milioni di anni di "distanza", nel Tempo... Un Abisso: le cui opposte sponde però saldamente congiunge, esilissimo, mutevole e però indistruttibile ponte, la Doppia Elica del DNA




E ancora più suggestivo sarebbe incontare di nuovo Pomatias elegans in montagna, dove pure essa vive; così antiteticamente lontana da quell'Ecosistema che le dette origine, e del cui adattamento essa serba comunque l'impronta.





Anziché limitarsi a considerarne l'aspetto limitato e immanente, spesso ignorandoli o disprezzandoli, dovremmo cercare di cogliere la preziosa occasione che anche questi "umili" animaletti ci offrono: di vedere quel "filo", o meglio quella Rete virtuale che tutte le collega, e di cui siamo parte noi stessi.
Accusato -con superficiale preconcetto- di "materialismo", l'Evoluzionismo -se inteso in modo corretto, non dogmatico ma neppure 'scientista'-, è in realtà una delle Conquiste intellettuali che più ci offrono un'autentica occasione di Trascendenza, correttamente intesa come possibilità di svincolarsi dalla banale, spesso avvilente concretezza dell' Hic et Nunc, trasportandoci in Tempi e Luoghi "altri"; ciò senza perdere consapevolezza dell'immanente e dell'Attuale, ma anzi valorizzandolo con lo scoprirne le profonde radici, e connettendo la Natura del Tutto in una sorta di Rete globale: invisibile, ma al tempo stesso estremamente solida e vera.

E questo, dalla semplice osservazione consapevole di Creature, la cui apparenza può già da sola narrarci, silente e umile, una Storia di gran lunga più antica e più avvincente di qualunque umana epopea.

Fabrizio Lucente


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Edited by fabrizio3 - 7/5/2017, 16:37
 
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